Art. 28 bis (DIVIETO DI CIRCOLAZIONE DEI VELOCIPEDI NEL CENTRO STORICO DI VENEZIA) |
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Vade retro ciclisti! Segnaletica folle a piazzale Roma |
Il ciclista che arriva a piazzale Roma si trova di fronte, poco prima del ponte di Calatrava, questa ineffabile coppia di segnali: il primo (a sinistra) proibisce l'accesso alle bici anche se condotte a mano; pochi metri più in là il contrordine: si può portare la bici a mano fino alla stazione di S. Lucia. In inglese, e chissà perché solo in inglese, diventa addirittura un obbligo (must). Poi davanti alla stazione, dove scatta il divieto effettivo non c'è traccia di cartelli!! Ancora una volta: le logiche del comune e della burocrazia sono ineffabili. |
«Si può andare in bici a Venezia?»
La domanda può apparire strana per una città pedonale, ma in effetti può avere almeno due significati diversi:
Tanti anni fa lessi un articolo di Nantas Salvalaggio secondo cui a Venezia era consentito condurre biciclette in centro storico a condizione che la ruota anteriore fosse smontata; bizzarra norma che in pratica equivaleva a un divieto generalizzato.
In seguito la normativa è stata modificata variamente con un po' più di buon senso; qualche anno fa si leggeva all'art. 28:
"È inoltre vietata nei campi e nelle calli di Venezia la circolazione dei velocipedi, l'uso dei pattini a rotelle ..."
Insomma il divieto riguardava solo la circolazione in bici, quindi implicitamente era ammesso condurre le bici a mano. D'altra parte, sempre a livello di buon senso non ci sarebbe nemmeno bisogno di un divieto, bastano 400 è più ponti con i loro scalini a dissuadere chiunque o quasi dal portarsi dietro una bici per Venezia; se ne ricava solo una fatica supplementare e nessun vantaggio in termini di mobilità. E in effetti vedere qualcuno che si trascinava dietro la bici per le calli di Venezia era un fatto occasionale, ben poco frequente. O era un residente che si recava a piazzale Roma o più raramente un pendolare che arrivava a Venezia con la bici.
D'altra parte il fastidio che una bici senza bagagli e condotta a mano può arrecare alla circolazione pedonale non è certo maggiore di quello arrecato dai molto più frequenti carretti carichi di pacchi o da quelli della nettezza urbana, ben più ingombranti e anche pericolosi per le caviglie dei pedoni come il sottoscritto ha sperimentato sulla propria pelle a suo tempo. O delle mega-valigie trascinate su e giù per i ponti dai turisti.
Insomma l'obbligo di condurre a mano le bici era la soluzione più ragionevole, ragionando con un minimo di buon senso.
Ma nel 2016 il buon senso è stato mandato di nuovo in soffitta e la giunta Brugnaro, dopo aver lanciato una vera e propria crociata contro le biciclette in centro storico, ha modificato il regolamento di polizia urbana abrogando le norme dell'art. 28 in materia di velocipedi e aggiugendo un art. 28 bis, appositamente introdotto e riportato nel riquadro a destra. Di fatto è ora proibito portare le bici a Venezia anche se condotte a mano, con le due deroghe indicate nell'articolo stesso.
Che cosa ha spinto la giunta a un così discutibile provvedimento?
Probabilmente il fattore scatenante nasce dalla sempre maggior diffusione del cicloturismo in Europa, che spinge molti cicloviaggiatori europei a venire a Venezia in bici (o con il bici + treno) senza aver ben chiara la struttura della città, magari prenotando un albergo in centro e ritrovandosi poi a portare una bici carica di borse e quindi pesantissima su e giù per i ponti, una faticaccia che comporta anche qualche pericolo per il ciclista e per chi gli passa vicino sui ponti. E questo è certo un problema.
Ma è fondamentalmente un problema di cattiva informazione; chiunque conosca Venezia e voglia arrivarci come meta di un cicloviaggio, sa che l'opzione migliore è un'altra (che il sottoscritto sperimentò nel lontano 1994 quando ancora non risiedeva a Venezia): 1) fermarsi in terraferma (Mestre o Marghera) e prendervi alloggio in albergo, ostello, camping o quant'altro; 2) usare la bici alleggerita dei bagagli per andare e venire a Venezia centro storico, lasciando la bici in piazzale Roma e proseguendo a piedi per il centro. Ma se poi volesse almeno una volta portarsi la bici a mano nella Venezia storica giusto per qualche foto ricordo, che cosa ci sarebbe di tanto male?
Altra possibilità è quella di proseguire per il Lido, prendere alloggio lì, e poi fare avanti indietro con Venezia con motoscafi o vaporetti. Meno comoda e più costosa.
Bastava quindi fare una buona informazione che invitasse i cicloviaggiatori a prendere alloggio in terraferma o al Lido come sopra descritto. O magari obbligare gli alberghi del centro storico a chiarire bene sui siti tipo booking.com e al momento della prenotazione che è impraticabile arrivarci in bici. O se proprio si voleva emettere un divieto, proibire solo l'accesso a bici cariche di borse.
E i risultati della politica dei divieti sono stati pressoché nulli, come le grida manzoniane; per tutta l'estate cicloturisti carichi di borse continuarono ad arrivare a Venezia in piazzale Roma e alla stazione e si trovarono in una situazione assurda, dalla quale non so bene come siano usciti; di certo a Cannaregio se ne continuarono a vedere arrancare su e giù per i ponti. E Venezia ci fa una pessima figura. Mancanza di informazione, su questo fronte nulla è cambiato.
Ancor più demenziale l'idea, nata forse da una mera trasposizione auto → bici, di realizzare, quasi fosse una compensazione, un bicipark al Tronchetto; a chi mai potrebbe giovare un bicipark al Tronchetto?
Per fortuna alla fine del 2017 è stato restaurato e rimesso in uso il bicipark a piazzale Roma, accanto all'ingresso del garage comunale; sono forse una dozzina di posti su due rastrelliere, ancora pochi in vista del periodo estivo e comunque pochi anche solo per i pendolari veneziani; c'è da sperare che altre aree siano attrezzate allo stesso modo, come il cortile vuoto dietro la coop o le aree a sud del piazzale ora come ora ridotta a un intasamento permanente di auto che cercano di parcheggiare, questo sì uno spettacolo che chiamerei indecoroso.
Andrebbe piuttosto scoraggiata la pretesa di arrivare in auto a Venezia! Se dipendesse da me, tanto più ora che c'è il tram, metterei un divieto di accesso alle auto private prima dei Pili! E andrebbe incoraggiato e premiato chi usa i mezzi pubblici o un mezzo salutare, poco ingombrante, che consuma solo energia umana, silenzioso e non inquinante come la bici.
Purtroppo questa giunta sembra perseguire una politica diametralmente opposta, incoraggiando e premiando a mani basse l'uso dell'auto (riduzione della ZTL ...) e creando viceversa ogni sorta di ostacoli all'uso della bici. Come chi vede la pagliuzza negli occhi degli altri e non vede la trave nei suoi, ecco che una bici legata a un palo o a una ringhiera viene additata come orribile offesa al decoro, mentre le miriadi di carcasse metalliche depositate lungo tutti i marciapiedi, in tutte le piazze, in ogni angolo di città e campagna sono tollerate anzi, appunto incoraggiate e premiate. Tanto può l'abitudine, l'assuefazione.
Si può sperare in un rinsavimento? In fondo sulla ZTL la giunta è passata dagli iniziali propositi di abolizione totale a consigli un po' più miti. E alla fin fine è stata proprio questa giunta a portare a compimento il progetto di una ciclabile per Venezia della quale si parlava da quasi vent'anni. Il margine per correggere la rotta ci sarebbe.
È offensivo vedere in giro per Venezia il cartello riportato a lato che usando una maccheronica lingua itangliana invita a rispettare Venezia e nel quale l'icona della bici e quella di un nuotatore sono affiancate a quella di un uomo che getta rifiuti a terra, mettendole sullo stesso piano di offesa al decoro, e confondendo comportamenti ben diversi. Un uomo che si tuffa in acqua e nuota nella città d'acqua per eccellenza? Dovrebbe essere cosa normale ... che poi oggigiorno il nuotatore corra il rischio di essere investito da un motoscafo, e magari anche qualche rischio sanitario, è tutt'altro discorso che non si capisce bene cosa c'entri col decoro; del resto ai tempi di quella Serenissima che si vuole rispettare, erano comuni i tuffi in acqua per esempio nelle lotte a pugni sui ponti.
E sempre ai tempi della Serenissima per calli e ponti passavano anche i cavalli, che usavano disseminare le calli delle loro deiezioni riducendole in uno stato di lordura ben descritto da Goethe nel suo Viaggio in Italia. Abitudine che i moderni cavalli d'acciaio non hanno proprio.
Anni fa ci fu persino un sindaco che in nome del decoro voleva obbligare tutti i visitatori di Venezia, a indossare giacca e cravatta per rispetto alla città!! Demenziale, e per fortuna non durò molto, ma ora ci risiamo con i provvedimenti demenziali in nome del decoro.
Ma forse la chiave di lettura di queste campagne per il decoro è l'equazione decoro = lusso o decoro = denaro. Venezia si riempie sempre più di luccicanti negozi di lusso mentre chiudono tanti negozi di base ... e dilagano i negozi di paccottiglia fatti su misura per turlupinare i turisti. Questi ultimi non sono menzionati nel suddetto cartello, ovviamente pecunia non olet e quindi questi negozi, che spesso espongono il maccheronico cartello, sono decorosissimi. Ancora una volta è la pecunia la misura di tutte le cose.